Mentre le politiche degli Stati e delle grandi imprese hanno contribuito a ridurre le cosiddette barriere doganali e la comunicazione digitale ha favorito la condivisione delle conoscenze, le grandi reti hanno ridotto le distanze determinando quel fenomeno che oggi si chiama globalizzazione. Su queste basi i confini dei mercati vanno ripensati per cogliere opportunità imprenditoriali basate su modelli di business differenti rispetto a quelli tradizionali.
In genere la micro impresa presenta una struttura creativa, flessibile con un’innata inclinazione a prendere rischi e una catena di comando corta e quindi rapida nell’agire. Sperimenta l’innovazione con creatività e rischio limitato in mercati di nicchia. Questi, a loro volta, acquisiscono valenza strategica, interpretando i desiderata emergenti e offrendo accesso a clienti innovatori che influenzano i gusti dei mass market. La micro impresa può intraprendere anche progetti complessi in collaborazione con altre micro imprese, ciascuna specializzata in modo sinergico ai fini del progetto, creando così un ecosistema imprenditoriale basato sulla conoscenza e sulla collaborazione. Questo meccanismo, già noto a micro imprese nate come spinoff di Università e Politecnici, si sta diffondendo in molti mercati. In Italia, negli anni passati, si sono sviluppati i ben noti distretti manifatturieri che hanno anticipato l’ecosistema d’imprese. In un dato territorio, una grande impresa rappresentava la capofila, mentre le piccole lavoravano a cottimo per la grande, oppure tante medio piccole aziende si specializzavano per realizzare prodotti, anche complessi, a minor costo. Nel passato il modello dei distretti manifatturieri era competitivo, così fortemente legato a un territorio, ove erano sviluppate e condivise competenze professionali specializzate, che si tramandavano di generazione in generazione. Oggi l’ecosistema non obbliga le imprese a rimanere una vicina all’altra. Anzi la vicinanza è considerata una condizione non necessaria. I nuovi ecosistema d’impresa si sviluppano attraverso la collaborazione tra vari poli di conoscenza e competenze, a progetto.
Alcune grandi imprese hanno compreso queste dinamiche e spesso le agevolano, preferendo concentrarsi nello sviluppo dei propri mercati, pronte ad entrare in quelli nuovi se stabili e con potenziale. L’entrata nei nuovi mercati, in genere, avviene per acquisizione delle micro imprese oppure sviluppando organicamente nuovi rami d’azienda. In genere l’acquisizione è la via preferita, perché porta immediati vantaggi, pur con i ben noti problemi d’integrazione, sia a livello culturale sia di controllo e procedurali. Ma gli imprenditori delle micro imprese conoscono questo meccanismo e preparano la propria attività alla vendita per massimizzare il vantaggio economico.
Infine una considerazione sulla cultura aziendale: una volta i giovani come primo lavoro speravano di essere assunti dalla grande impresa, perché era quella che insegnava a lavorare e investiva sulle professionalità, offrendo così un’ampia visibilità sul mondo imprenditoriale più avanzato. Oggi questo modello è capovolto. Infatti , sono sempre meno le grandi imprese che investono nei giovani ad alto potenziale, mentre sono le micro imprese che offrono a un giovane la possibilità di sviluppare un ruolo più creativo, di far parte di un progetto ambizioso, di analizzare informazioni di mercato, di tenersi continuamente aggiornati e testare le proprie ambizioni e capacità coprendo differenti ruoli di responsabilità. Tutto ciò richiede un approccio imprenditoriale che i giovani non sempre hanno, perché la scuola e le università italiane non preparano lo sviluppo di queste competenze.